Aiace/Sofocle
MEZZ’ORA PRIMA DELL’INIZIO DELLO SPETTACOLO
SPETTACOLO IN ITALIANO
di Manlio Marinelli
regia Lia Chiappara
con Sara Alzetta, Domenico Bravo, Giuseppe Ligios, Viviana Lombardo e Antonio Puccia
scena Lia Chiappara
realizzata da Alessandro Di Giugno e Mario Chiappara
costumi Morena Fanny Raimondo
musiche Antonio Guida
luci Fiorenza Dado
Teatro Libero Palermo
Le categorie dell’ambiguo e del duplice sono da tempo assodate chiavi di lettura del fenomeno tragico. Abbiamo scelto quindi, come nostro personale viatico dentro Aiace, l’idea dell’inversione che commercia inestricabilmente con l’eversione. In un’epoca in cui tutte le rivoluzioni sembrano essere fallite non crediamo che nati “incendiari” sia giusto morire “pompieri”: ci resta dunque la rivoluzione sessuale, la rivoluzione del concetto stesso di genere. In questo terreno la nostra Aiace vuole scavare: Nicole Loraux ha mostrato in un suo bellissimo libro che ogni voce luttuosa della tragedia greca è, in un modo o nell’altro, voce femminile. Questo spettacolo ha continuamente a vedere con voci luttuose e con smarrimenti del sé. La tragedia, espressione del dionisiaco, mina alla sua stessa radice, la più incrollabile certezza su cui si basa la civiltà occidentale: la differenza dei generi, la definizione dell’identità. Infatti Aiace l’eroe smarrisce se stesso al momento in cui assume su di sé i vituperati caratteri femminili ma la sua è una recita della follia ordita da una Atena vendicativa in veste di regista-demiurgo. A più forte ragione, per ciò, abbiamo voluto forzare il gioco e dare alle donne il comando della situazione: Atena dispone dei destini di tutti gli eroi in campo, per il suo capriccio, ma Tecmessa, a sua volta, è colei che conduce, faticosamente, a termine il compito di ricomporre il conflitto tragico. Possenti come non mai sono i conflitti aperti in questa nostra rilettura: quello dell’identità e dei suoi capovolgimenti più inquietanti: maschile\femminile, sanità\follia, realtà\finzione. All’interno di queste tre laceranti aporie si gioca la nostra partita con il paradigma greco.
Manlio Marinelli