LA CHIAVE DELL’ASCENSORE
SPETTACOLO IN ITALIANO
di Agota Kristof
traduzione Elisabetta Rasy
con Anna Paola Vellaccio
regia ed ambientazione Fabrizio Arcuri
assistente in scena Edoardo De Piccoli
assistente alla regia Francesca Zerilli
assistente alla produzione Marilisa D’Amico
cura Giulia Basel
foto di scena Roberta Verzella e Tiziano Ionta
Florian Metateatro / Accademia degli Artefatti
Una stanza che gli spettatori sbirciano da una finestra. Avvolta dalle volute della nebbia e dal vento che le muove i capelli… la donna racconta la storia a se stessa, la racconta per l’ennesima volta. Tutto è reale e simbolico allo stesso tempo, le luci, i rumori, la voce. La favola pian piano svela il suo risvolto fino a farsi baratro. Sotto la superficie della scena che ci si apre davanti c’è qualcosa di invisibile ma minaccioso. Dal tono pacato della protagonista emerge, di tanto in tanto, la sua vera condizione. L’amore è anche volontà di possedere l’altro: se questo istinto prevale gli esiti sono nefasti. Ma è una lotta che l’oppressore non può vincere, sembra dirci Kristóf. Il desiderio di libertà è insopprimibile. La Donna, piegata, mutilata, resa folle, scissa, conserva la volontà di essere un individuo. Potranno toglierle la vita, ma non si farà strappare la voce per gridare al mondo la sua condizione.
Frasi brevi, una sintassi cruda, assenza di aggettivi: il fascino di questo testo scritto in francese nel 1977 sta proprio nell’economia di mezzi e nella loro intensità. Nel teatro, luogo dell’incontro per eccellenza, l’autrice trova il mezzo ideale per esprimere il suo messaggio: la speranza è nella parola, nella comunicazione con gli altri.
si ringrazia il Teatro di Roma