A NUMBER

Molto coinvolgente la rappresentazione teatrale “A Number” a cui ho partecipato in data 31 Gennaio 2018 presso il teatro Libero di Palermo. Si tratta di un’opera pluritematica alla quale chi ha assistito da spettatore è riuscito, in base alle sensazioni trasmesse, a dare delle interpretazioni differenti.
I temi qui predominanti sono: il progresso in ambito tecnico-scientifico messo in relazione causa-effetto con l’ingegneria genetica; il rapporto, spesso conflittuale, genitore-figlio; il condizionamento che il contesto socio-culturale d’appartenenza esercita nella formazione del luogo psichico dell” io”.
La storia scaturisce da una serie di domande che l’autrice contemporanea, Caryl Churchill, si pone.
La donna s’interroga su questioni che portano un po’ tutti noi a riflettere riguardo chi siamo, da dove veniamo, qual è la vera ragione per la quale esistiamo e se, in fondo, tutti siamo diversi o c’è qualcosa, anche una sola piccola cosa che ci accomuna o che, invece, ci distingue dal resto del Mondo. È questo l’argomento attorno al quale ruota la vicenda.
La tematica attuale dell’evoluzione tecnico-scientifica che sta sempre di più invadendo la realtà odierna quasi fino ad oltrepassare ogni limite, è strettamente collegata al tema dell’ingegneria genetica: quella tecnica che permette di isolare i geni di un organismo vivente per clonarli e trasferirli in un altro organismo . Quest’ultimo, seppur una copia, risulta poi apparentemente identico all’originale.
È questo ciò che succede a un bambino di quattro anni cresciuto nelle grinfie di un padre pessimo, un uomo alcolizzato, violento, assente ed il cui atteggiamento ha costretto la moglie al suicidio. Ma è proprio in seguito alla morte della donna che qualcosa in lui cambia; così cresce la voglia di ricominciare da capo, il desiderio di una vita migliore per lui ed una nuova per il figlio, quel figlio a cui lui stesso ha tolto la madre. La scelta di realizzare un’altra immagine di quel bambino mediante la sua clonazione rende evidente la consapevolezza dell’uomo di non essere riuscito a trasmettere al figlio il giusto insegnamento, quell’insegnamento che è dovere di un genitore dare ai propri figli. In questo modo, con egoismo, viene vanificata l’esistenza di un figlio che non rispecchia le aspettative di quel genitore che poi magari, come in questo caso, è la vera causa di tutto. Quindi si viene spesso a creare questa sorta di conflittualità tra un figlio che avrebbe semplicemente bisogno del calore di una famiglia normale, stabile, priva di alterazioni compromettenti il proprio aspetto comportamentale, ed un genitore che, nonostante tutto, ha delle aspettative nei confronti dei figli che non vengono concretizzate. Il più delle volte questo non viene accettato e, anche se il genitore sa di aver commesso degli errori non riesce ad ammetterlo, o, se succede, avviene quando forse è ormai troppo tardi come nel caso di questa vicenda.
Quando però i figli riconoscono quelle colpe “nascoste” non possono fare a meno di esternare tutta la loro rabbia attraverso gesti che rivelano quasi un atto di superiorità nei confronti del genitore il quale, di contro, è come obbligato a sottomettersi. Nell’opera viene, infatti, riproposta più volte la scena del primogenito che afferra con violenza il collo del padre e, a pochi millimetri dal suo volto, gli urla contro.
Sicuramente il contenuto di quest’opera è la prova tangibile del fatto che la scienza, se per certi versi ha apportato dei miglioramenti nella vita dell’uomo, per altri ha provocato un netto snaturamento dell’equilibrio biologico. Quest’ultimo viene qui messo in evidenza dalla clonazione di un essere umano in ben 20 copie geneticamente equivalenti.
Delle 20 copie solamente 2 e l’originale vengono esplicitamente riportate in scena. Con l’ultima copia comparsa si porge fine all’opera complessiva. È proprio su quest’ultima scena conclusiva che è il caso di soffermarsi, ed è proprio sulla medesima che, in base alla propria sensibilità, ognuno può trarre un’interpretazione diversa. Io, ad esempio, penso che non ci sia un solo, unico, vero significato; credo, piuttosto, che lo spogliarsi del personaggio sia generalizzato : ai genitori alludendo quindi al coraggio che ognuno di questi dovrebbe avere nel mettere a nudo sé stessi, nel mettere a nudo i propri sbagli; ai figli dal momento che la scena in cui l’uomo si getta fra le braccia dell’altro attore allude secondo me al bisogno che un figlio sente sempre e non smetterà mai di sentire di avere vicino l’appoggio della propria famiglia in qualunque momento della vita; e a tutti noi esseri umani in generale che, una volta privati dei nostri vestiti, abbiamo ognuno qualcosa che ci accomuna a qualcun altro.

Roberta Pia Girgenti, Classe 4D, Indirizzo Turismo, Istituto Superiore Statale “ Mario Rutelli” Palermo