Pedro e il Capitano
SPETTACOLO IN ITALIANO
di Mario Benedetti
traduzione Furio Lippi
scena e regia Lia Chiappara
con Santi Cicardo e Matteo Contino
luci Gianfranco Mancuso
costumi Lia Chiappara
Teatro Libero Palermo
Uruguay 1979. Mario Benedetti pubblica “Pedro e il Capitano”. L’autore mostra il suo profilo da drammaturgo impegnato sul piano politico. La sua piéce rende conto della pandemia che ha colpito l’America latina nel decennio intercorso tra il 1970 e il 1980: dittature militari che hanno stretto in una morsa tutto il territorio ibero-americano.
Pedro è un resistente a terra, il suo torturatore, il capitano, è invece in piedi; Pedro incarna l’umanità verticale, il Capitano l’orizzontalità del rettile, in un contrappunto a chiasmo tra situazione fisica e condizione esistenziale. La tortura è manipolazione, seduzione, ricatto. L’uomo, Pedro, che resiste finisce con l’annientare il suo torturatore, continuando nella linea del rovescio. Un drammatico e paradossale ribaltamento di condizione. L’Uruguay dei militari, l’Argentina dei desaparecidos, il Cile di Pinochet, cosa hanno oggi di attuale nel parlare ad un pubblico del 2011?
L’attualità sta nella scarna e schietta universalità della tortura come alfabeto del potere, che oggi esprime la sua avidità attraverso l’ineluttabile difesa della propria identità e della propria apparente sicurezza. Cosa rimane nell’oggi del libero mercato della crudele e mordace dialettica vittima-carnefice? Una pièce sulle pieghe dell’umanità, dei labili confini dello scontro, a tratti epico, tra il bene e il male.